Non avendo cani, stamani “ho uscito il gatto” e mentre aspettavo che salisse il caffè mi sono letto un po’ di polemiche nei confronti dell’Accademia della Crusca, dopo il putiferio esploso nei giorni scorsi in seguito alla “legittimazione” (le virgolette sono d’obbligo) dell’espressione siedi il bambino.
Da (ex)linguista, mi sono messo a ridere.
Come al solito, ci si è fermati alla prima riga e non si è letto per intero la riflessione dei cruscanti. La Crusca non ha affatto legittimato l’uso, lo ha semplicemente e molto banalmente constatato.
In questo caso non si è letto nemmeno il titolo, chiarissimo nel suo essere prescrittivo:
Siedi il bambino! No, fallo sedere!
Che significa: “siedi il bambino” non puoi dirlo. Devi dire: “fallo sedere”
Apro parentesi. Il fatto che stavolta non si sia data attenzione nemmeno al titolo è terribilmente preoccupante per chi si occupa di comunicazione sul web. Oggi si fa fatica a veicolare un messaggio persino laddove, fino a poco fa, si era certi di trovare una roccaforte dell’attenzione del lettore, il titolo. Si violenta un testo come si vuole, si salta a piè pari da un paragrafo all’altro e si estrapola e si interpreta a proprio uso e consumo. E’ un campanello d’allarme degno di essere appuntato su una nota in Google Keep per poi essere approfondita a dovere. Fine della parentesi.
Stiamo tranquilli che non è successo niente, i verbi intransitivi restano tali e non ammettono complemento oggetto. Né ieri né oggi né nei secula seculorum amen. Lo dice la Crusca stessa, in fondo al paragrafo dello scandalo (qualcuno l’ha letto per intero?)
questa costruzione ha una sua efficacia e sinteticità espressiva che può indurre a sorvolare sui suoi limiti grammaticali.
“Indurre a sorvolare sui limiti grammaticali” significa che i limiti ci sono e tali restano. In parole povere, la Crusca ci dice: è un uso dialettale diffuso che, pur essendo sgrammaticato e cioè errato, funziona poiché ha una sua efficacia. Nasce dal fenomeno alla base di uno dei motori più potenti dell’evoluzione linguistica, cioè la banalizzazione in nome dell’economicità. Per farla semplice, i parlanti fanno fatica a parlare, e dunque si arrangiano come possono a durare meno fatica nell’esprimersi: questa dell'”esco il cane” o “siedo il bambino” è una soluzione efficace, a suo modo.
Ma il dibattito finisce qui, anzi non nasce nemmeno. E’ un uso con evidenti limiti grammaticali, cioè errato, e tale deve essere considerato.
In tutta questa faccenda la colpa della Crusca, se c’è, è stato parlare da linguista a un pubblico che linguista non è. La funzione principale dei linguisti, oggi, inclusa quella di un istituto come l’Accademia della Crusca che si identifica fin dalle origini nei panni di un inflessibile legiferatore, non è normativa, quanto piuttosto di osservazione, di controllo.
Per lo più, il linguista si limita a osservare e registrare che cosa sta succedendo nella lingua dei parlanti, demandando ai posteri o meglio al Signor Uso l’ardua sentenza dello stabilire che cosa sia lecito e cosa no. Questo approccio, che dall’esterno può disorientare, è in realtà non solo legittimo ma sano e giusto, soprattutto dopo la lezione del grande Tullio De Mauro e del suo Dizionario dell’Uso.
Nonostante tale modus operandi, è evidente come la Crusca, definendo l’uso di siedi il bambino come caratterizzato da “evidenti limiti grammaticali”, ci dica una cosa sola e molto semplice: si tratta un uso sbagliato. Se volete parlare correttamente italiano, dovete farne a meno.
La questione è molto complessa, me ne rendo conto, ma vi assicuro che c’è da star tranquilli. Se poi, proprio, abbiamo così a cuore la questione grammaticale nazionale, impegniamoci tutti nel nostro piccolo e quotidianamente a non fare scempio dell’italiano. Bastano piccoli gesti.
Per esempio, da quanto tempo non sfogliamo una grammatica italiana e, con un bagno di umiltà, diamo una rispolverata ai fondamentali?
Ecco qui un evergreen che non dovrebbe mancare sugli scaffali di un paladino della lingua italiana.