Ho deciso di leggere Il sogno di Solomeo di Brunello Cucinelli per banali motivi di lavoro. Devo seguire da vicino la redazione di un testo simile, la biografia di un imprenditore che ha lasciato il segno nel suo campo e che, dunque, ha molto da raccontare. E allora mi sono detto: fammi prendere spunto, fammi vedere come si racconta un capitano d’azienda oggi.
Appena ho iniziato a leggere le memorie del “Re del cachemire” ho subito capito di aver sbagliato.
Brunello Cucinelli non è un imprenditore: è un mecenate come non se ne vedevano
da secoli, un visionario con un piede nel mito e uno nel management, un
illuminato. Che diamine me ne faccio, delle parole di uno così? La sua è una
vicenda totalmente fuori dall’ordinario, impossibile prendere spunto.
Vabbè, capirai, ormai avevo il libro aperto sotto gli occhi e l’ho portato avanti. Finisco sempre quello che inizio a leggere, fosse pure il peggior mattone. Ma questo è un libriccino che scorre tra le mani come acqua di torrente e poi, devo ammetterlo, il sottotitolo ci ha messo del suo: La mia vita e l’idea del capitalismo umanistico.
Tanto per ribadire, se qualcuno non l’avesse capito, sono un umanista finito nel management: come facevo a resistere a un libro così? Mi sono venuti subito i lucciconi agli occhi: conquistato fin dalla copertina.
Un seminatore d’altri tempi
Questa è la storia di
un uomo che nasce dalla terra come certe figure del mito e, grazie a un
occhio visionario e a una forza d’animo fuori dal comune, si carica il presente
sulle spalle e lo issa nel futuro. Chi ha qualche nozione di storia antica sa
cosa intendo. Hai presente il dio Tagete, tanto caro agli etruschi? Ecco, più o
meno una roba così. (Se non hai la più pallida idea di chi sia Tagete,
tranquillo, è normale, clicca
qui.)
Che Brunello Cucinelli non sia una
persona qualunque lo si capisce presto, fin dalle prime pagine ovvero dall’età
di tredici anni (numero mica casuale). A quel tempo, così ci racconta, era
particolarmente bravo nell’aiutare il padre a condurre l’aratro nei campi, trainato
da buoi:
l’impegno, in cui eccellevo, di tenere le bestie sempre allineate lungo il solco diventa il simbolo di tutta una vita condotta rettamente.
Impossibile non pensare al quadrato magico, Sator Arepo Tenet Opera
Rotas. Il seminatore tiene perfettamente le ruote dell’aratro nel
solco, recita una delle possibili interpretazioni.
Brunello Cucinelli è un vero sator, ce ne rendiamo andando avanti
a leggere. Nella sua vita si uniscono filosofia e capitalismo, saggezza
iniziatica e mecenatismo. Metafora davvero perfetta, questa.
Per un umanista perso nel marketing, è come riconoscere un amico con una botte d’acqua
fresca in mezzo a miglia e miglia di deserto. Un miraggio, non ci crederebbe
nessuno. Mica può esistere un imprenditore così.
La bellezza conviene
Oltre ogni considerazione di parte, la domanda che dobbiamo porci è: d’accordo, tutto molto bello, ma in concreto, in soldoni, quali sono i numeri?
È proprio di poche ora fa (coincidenza davvero bizzarra), la notizia della pubblicazione del bilancio dell’anno passato di Brunello Cucinelli. Un anno chiuso in grande crescita, contrariamente a quanto, purtroppo, avviene per molti competitor: un fatturato di 553 milioni di euro, con ricavi in aumento dell’8,1%.
Davvero niente male, per un giovane contadino con la
passione della filosofia, che a un tratto si mette in testa di vendere pullover
di cachemire. Sì, ma mica come fanno tutti.
Semplicità, eleganza e classicismo, lusso misurato e, su tutto, dignità, anzi dignitas. Cioè massima considerazione
per l’essere umano e per la sua natura. Brunello Cucinelli costruisce, negli
anni, un’industria dalle straordinarie capacità di crescita ma, sempre, dosate
con estrema accortezza.
La bellezza, ci suggerisce a più riprese, è tutto questo con un qualcosa in
più: il controllo, l’aurea mediocritas, la giusta misura. Che è sempre e soltanto la misura
dell’uomo.
Riprendendo le celebri parole dell’imperatore Adriano nello splendido ritratto della
Yourcenar, Brunello confessa a più riprese: “Mi senitivo responsabile della bellezza
del mondo”.
Bellezza, per lui, fa rima con responsabilità, tutela, misura, gentilezza e umanità.
Prendi un mix di ideali del genere tratti dalla cultura classica, mettili in mano a un imprenditore utopista ed ecco che ottieni un’azienda, impiantata in uno splendido borgo medievale – Solomeo, appunto – anziché in una grigia zona industriale, che cresce a ritmi decisi anche quando le congiunture economiche del contesto sembrano sfavorevoli, e la temuta globalizzazione miete sempre più vittime.
La bellezza conviene, ci dice Brunello Cucinelli, a patto che si misuri con il metro dell’uomo.
Capitalismo umanistico
Ogni sua decisione da imprenditore è infatti orientata all’uomo: come una stella polare inamovibile, l’humanitas è il parametro con cui il manager giudica e sceglie ogni cosa. Fornitori e materie prime, strumenti e luoghi di lavoro, dipendenti e collaboratori. È così che, in Il sogno di Solomeo, Brunello Cucinelli traccia il manifesto del Capitalismo Umanistico:
Discutemmo anche di qualcosa che pensammo di chiamare “capitalismo umanistico”, immaginando un’industria rispondente nella forma più nobile alle regole di etica che l’uomo ha definito nel corso dei secoli. Sognavo una forma di capitalismo contemporaneo con salde radici antiche, dove il profitto non comportasse danno o offesa a persone né a cose, e parte dello stesso andasse in iniziative in grado di migliorare concretamente la condizione della vita umana; dove il bene comune fosse strumento di guida per il perseguimento di azioni prudenti e coraggiose; dove infine l’uomo fosse al centro di ogni processo produttivo, perché solo così la dignità è restituita, convinto che non possa esservi qualità senza umanità.
La deriva del passato e il vento del futuro
Il debito verso il passato è dichiarato a ogni pagina. Brunello Cucinelli non nasconde le scuole più importanti della sua vita: la vita contadina dell’infanzia e il bar del paese, ma soprattutto le letture dei filosofi classici, riscoperti lungo tutto il corso della propria vita.
C’è un’immagine che, su tutte, illustra alla perfezione il
suo pensiero ed è quella di una barca a
vela che fila dritta controvento. Un fenomeno inspiegabile, confessa
Brunello, a patto di non conoscere la deriva. È grazie alla grande pinna
invisibile che fende la profondità del mare, che la barca riesce a mantenersi
dritta e a cogliere le opportunità di venti avversi, trasformandoli in potente
spinta per affrontare il largo e raggiungere nuove terre promesse.
La deriva, ci dice, è la tradizione del passato; i venti avversi sono le
difficoltà e l’approssimarsi del futuro, che sembra spesso nefasto anche quando
non lo è. Brunello conduce così la sua barca e, dal conto economico appena pubblicato,
c’è da credere nell’efficacia del metodo.
Artigiani umanistici del web
Anche quando parla del web e dei timori più attuali, non riesce a non essere ottimista. Le sue parole fanno eco a quelle di Alessandro Baricco in The Game:
Sono certo invece che internet possegga un linguaggio specifico ancora sconosciuto; quando esso verrà decodificato, l’unione tra tecnologia e umanesimo non sarà più un sogno, e proprio grazie a internet diverrà possibile quell’universalismo che oggi molti, e io da parecchio tempo, consideriamo chiave di volta per il futuro luminoso che attende le nuove generazioni.
A Solomeo,
nuova Atene del suo visionario e miracoloso progetto di capitalismo umanistico,
artigianalità e cibernetica si fondono in un progetto unico. “Artigiani
umanistici del web”, così si definisce insieme ai suoi collaboratori: l’informatica
e la comunicazione digitale sono ingredienti imprescindibili del suo “sogno”,
tanto per la rinascita del borgo di Solomeo quanto per la riuscita del suo
business milionario.
Socrate, Cristo, Leonardo e Steve Jobs.
Un quartetto davvero bizzarro, quello dei protagonisti di un “cenacolo” ideale
col quale amerebbe discutere, e che ha sognato più volte. Sono i veri simboli,
le icone di tutto il suo percorso esistenziale e imprenditoriale.
Non so tu, ma a leggere le memorie di Brunello Cucinelli, mi
è venuta una gran voglia di mettermi in cammino per Solomeo.
Chi porterei con me, se potessi scegliermi un
compagno di viaggio?
Beh, un’idea ce l’ho. Senza dubbio sarebbe un’ottima compagnia al tavolo con
Socrate, Steve Jobs e gli altri. E, già lo so, finiremmo a parlare di cose artigianali,
di lavoro
ben fatto, di umanità e, dunque, di bellezza.