Scrivere un articolo di blog per un’azione di marketing B2B, business-to-business, richiede qualche accortezza in più rispetto a un articolo di altro genere. È vero, la distinzione B2B vs B2C è superata e talvolta inappropriata: sarebbe più opportuno parlare, sempre, di marketing H2H, human-to-human. Ma l’human in azienda si trova in un assetto mentale, diciamo così, “estremo”: ha un problema da risolvere ed è alla ricerca di una soluzione, magari rapida economica ed efficace. Tutto il resto scompare. Di conseguenza, è bene progettare il nostro testo assecondando questo suo bisogno.
Lo schema che segue indica i componenti ideali di un articolo di blog mutuati dagli elementi tradizionali di un articolo di giornale, ovvero cambiati sulla base delle caratteristiche del mezzo informatico e delle dinamiche che regolano l’esperienza degli utenti in rete, con una particolare attenzione per il “lettore B2B”.

La lunghezza ideale di un articolo di blog?

Secondo Google è intorno alle 1.500 parole.
Secondo i lettori, possibilmente meno, non hanno molto tempo da concederci.

Prima di scrivere

Meglio chiarire i punti seguenti, magari aiutandosi con una mappa mentale:

  1. A chi voglio rivolgermi?
  2. Quali sono le “paure” del mio lettore relativamente all’argomento che vado a trattare? Che cosa rischia se continua a ignorare le informazioni che sto per dargli?
  3. In che modo posso essergli utile relativamente all’argomento? Perché dovrebbe leggermi?

Le risposte a queste domande forniranno già la mappa del testo, suggerendoci che cosa scrivere e in che modo. In qualsiasi momento, è bene ricordare il motivo principale per il quale stiamo scrivendo, valido per qualsiasi articolo di blog e non solo: con le mie parole voglio aiutare qualcuno a risolvere un problema.

Se sto per mettermi a scrivere senza aver ben chiari in testa questi punti, senza una soluzione da offrire al mio lettore circa un problema specifico, meglio lasciar perdere. Se proprio voglio scrivere, mi metterò a comporre una poesia, un racconto, un romanzo, un aforisma… quello che voglio ma non un articolo di blog con finalità di marketing.
Ripetiamo insieme (capiremo meglio alla fine di questo articolo, ma intanto cominciamo a ripetere): “No target, no pain, no gain… no blog!

Titolo

Definisce l’argomento e ne chiarisce l’approccio per il lettore, ovvero deve assolvere a due importanti funzioni:

  • spiegare di che cosa si parla nel testo;
  • attirare il lettore per il quale il testo è stato concepito.

Per capire come impostare un buon titolo per un articolo di blog, è sempre utile far riferimento alla struttura del titolo per un articolo di giornale, dal quale ovviamente trae origine e funzioni, che poteva assumere una forma decisamente complessa, arrivando a comprendere 4 parti in questo ordine:

  • occhiello o sopratitolo perché, appunto, posizionato sopra il titolo: serve a integrare il titolo con informazioni aggiuntive, compreso un giudizio, un taglio che faccia capire l’interpretazione che vogliamo dare al fatto o al contenuto;
  • sommario: nel gergo giornalistico è il termine usato per indicare il titolo vero e proprio. Può essere di varia lunghezza e forma: serve a riassumere il contenuto del testo e, possibilmente, ad attirare il lettore;
  • sottotitolo: appunto, sta sotto il titolo vero e proprio cioè il sommario e si usa per evidenziare un concetto significativo del testo in aggiunta a quanto già comunicato attraverso il sommario;
  • catenaccio: si tratta di una via di mezzo tra un sottotitolo e il sommario introduttivo. È più lungo del sottotitolo ed è usato, oggi raramente, per aggiungere ulteriori informazioni secondarie.

Come sappiamo, il web richiede una struttura più snella rispetto alla carta stampata. Anche se solo in apparenza!
Molte delle funzioni svolte dalle varie parti di un titolo di giornale passano infatti al “dietro le quinte” del blog. Adesso, infatti, non comunichiamo più soltanto al “semplice” potenziale lettore, ma anche a un altro tipo di destinatario, ben più esigente del primo: i motori di ricerca. Ecco dunque le componenti attuali di un titolo di blog:

  • Slug: è il link del nostro articolo, ovvero il titolo tradotto nella stringa che diamo in pasto al browser per identificare, e rintracciare, il nostro testo;
  • Titolo: Il titolo vero e proprio deve essere pensato per il lettore: appeal e chiarezza sono le caratteristiche più importanti e tra le quali occorre mediare. Non si può dire tutto nel titolo, né è giusto comporne uno eccessivamente ermetico e ammiccante.
  • Titolo SEO: Si tratta del titolo come viene visualizzato (e letto) dai motori di ricerca, quello che vediamo nelle pagine dei risultati. Di solito, usando CMS come WordPress, il titolo SEO viene fatto corrispondere automaticamente al titolo dell’articolo vero e proprio. Esistono però dei plug-in per modificarlo, il più usato per WordPress è Yoast, che ci permettono di ottimizzarlo per i motori di ricerca.
  • Meta description: svolge la funzione di anteprima, descrivendo in estrema sintesi l’argomento del testo. Le informazioni da condensare qui sono le medesime del sommario introduttivo descritto poco sotto, ma i caratteri da impiegare sono decisamente più ridotti. Essendo il brevissimo testo visualizzato dagli utenti web appena sotto il link, composto da un paio di righe al massimo, richiede non poca maestria nella composizione: qui dobbiamo condensare argomento e reason why, ovvero ci dobbiamo sforzare di dire non solo di che cosa parla l’articolo ma anche perché è utile leggerlo. Impossibile? Quasi, ma possiamo riuscirci. Da non dimenticare che le parole usate in questa sezione hanno un peso notevole anche per la SEO: per questo, devono essere coerenti (repetita iuvant!) a quelle utilizzare nel titolo, nel titolo SEO e nello slug. Come per il titolo SEO, in questo punto fare un buon lavoro significa accontentare due lettori: quello in carne e ossa e lo spider dei motori di ricerca.

Passiamo ora alla semantica: quali parole è consigliabile scegliere e come le disponiamo?
Ai fini di un buon posizionamento sui motori di ricerca, è utile strutturarlo – quando possibile – come la risposta a una domanda che il potenziale lettore può porre al motore di ricerca, oppure direttamente come la domanda stessa.
Esiste un trucco per scegliere le parole giuste con cui costruire il titolo, quelle che mi aiuteranno a posizionare nel migliore dei modi l’articolo sui motori di ricerca?
No, i trucchi lasciamoli ai maghi da quattro soldi. Meglio affidarsi a un metodo: andiamo a cercare su Google Trends le parole più cliccate relativamente all’argomento, come in questo caso. Non guasta anche fare una ricerca su uno strumento come questo.

Sommario introduttivo

Riassume l’intero articolo seguendo, quanto possibile ovvero nella misura in cui l’argomento lo consente, lo schema delle 5W: chi | che cosa | quando | dove | perché.
Deve essere breve, anzi brevissimo: la tradizione giornalistica per eccellenza, quella anglosassone, fissava a 40 parole la misura ideale per il summary; oggi possiamo attenerci alle 150-200 parole.
Oltre a queste informazioni base, è infatti utile indicare qui brevemente anche quali sono i vantaggi che il lettore può trarre dall’articolo, ovvero spiegare perché farebbe bene a leggerlo, quale utilità gli deriva dal conoscere le informazioni che sono riportate più avanti nel testo. In questo modo, selezioniamo subito il target specifico, cioè cerchiamo l’attenzione del nostro lettore ideale (come dire: I want you, sto cercando proprio te). Perché, non dimentichiamolo, le parole servono sì a comunicare ma anche a selezionare, a escludere l’attenzione di alcuni per catturare quella di altri.

Di fatto, il sommario introduttivo è la sezione più importante dell’articolo: le persone tendono a leggere sempre meno e, se non trovano in questa parte informazioni di loro interesse, tenderanno ad abbandonare subito la pagina web.

Corpo del testo

In questa sezione andiamo ad approfondire l’argomento, cercando di dividere il testo quanto più possibile in paragrafi e capitoli, introducendoli con sottotitoli specifici, utili per orientare non solo il lettore ma anche lo spider dei motori di ricerca. I sottotitoli, che appunto saranno più specifici del titolo dell’articolo, forniranno informazioni esaustive sui temi trattati nel testo immediatamente successivo, aiutando il lettore a dirigersi nei punti dell’articolo più interessanti per lui: si tratta di un accorgimento che apprezzerà molto, gli permetterà di trarre la massima utilità dal testo risparmiando tempo, donandoci così la sua fiducia.

Un accorgimento importante per la scrittura del corpo dell’articolo è l’uso di elenchi puntati o numerati: così come i titoli dei vari paragrafi, anche gli elenchi aiutano a strutturare meglio le informazioni, guidando il lettore e dando “aria” al testo, cioè scongiurando il rischio di costruire dei veri e propri “blocchi invalicabili” di parole che disincentivano la lettura.

Nell’affrontare il contenuto, idealmente possiamo orientarci in questo modo:

  1. Iniziamo evidenziamo il pain ovvero la paura del target-lettore: gli ricordiamo che cosa rischia se ignora quello di cui stiamo scrivendo. Risvegliare le sue paure lo renderà più sensibile a quello che diremo successivamente: per questo è importante individuare il pain specifico, in modo che il lettore si identifichi appieno in quello che stiamo scrivendo e ci segua più da vicino. Ovvero, ad esempio, se il rischio è quello di incorrere in una sanzione, scriviamo l’esatto ammontare della sanzione specifica. Ci sono casi in cui persone simili a lui, cioè esposte agli stessi rischi, sono effettivamente cadute in quel rischio? Se sì, e se è possibile dirlo, citiamo questi casi.
  • Descriviamo poi brevemente il contesto dell’argomento: che cosa è successo fino ad oggi, il quadro normativo se utile all’argomento che stiamo trattando e al taglio che vogliamo dare all’articolo, i protagonisti che hanno fatto la “cronaca” nel campo specifico.
  • Adesso scendiamo al cuore vero e proprio della trattazione. Dichiariamo la nostra tesi e argomentiamola. Se si tratta di un servizio, spieghiamone il funzionamento, illustrandone quanto più possibile i vantaggi. Se già altri hanno usufruito positivamente di questo prodotto/servizio, se ci sono referenze positive in merito, scriviamolo facendo nomi e cognomi (previo consenso).
  • Infine, descriviamo il gain, cioè il vantaggio complessivo che il target-lettore acquisisce se fa propria la soluzione al problema che gli stiamo proponendo. Non si tratta di elencare, nuovamente, i vantaggi specifici del prodotto/servizio appena elencati, ma di recuperare il pain che abbiamo “riscaldato” al punto 1 e di dichiarare apertamente come la nostra soluzione metta il lettore al riparo dai rischi che teme. Questa sezione può essere considerata una sorta di conclusione delle tre precedenti.

Nel comporre il corpo dell’articolo, ecco altri importanti accorgimenti da seguire che renderanno il nostro testo più efficace:

  • se disponibili, citiamo fonti autorevoli, soprattutto quando andiamo a illustrare dati e statistiche, possibilmente linkandole all’interno del testo;
  • illustriamo casi analoghi, case history, esempi concreti delle situazioni che stiamo descrivendo nei quali il lettore possa identificarsi;
  • cerchiamo di essere puntuali, di scendere nel dettaglio ma senza andare troppo in profondità; non stiamo scrivendo un saggio ma un articolo di blog, con il principale scopo di costruire una brand reputation positiva ovvero di mostrarci autorevoli e degni di fiducia in merito all’argomento. Ricordiamoci, sempre e soprattutto quando si scrive per il web, che la migliore comunicazione è quella chiara, sintetica e specifica;
  • se disponibili, usiamo infografiche, immagini e altri elementi grafici utili a illustrare quello di cui stiamo parlando; oltre a fornire informazioni in un modo particolarmente “digeribile” dai lettori, con inserti grafici diamo spazio e struttura al testo, rendendo l’esperienza della lettura più piacevole e interessante.

Conclusioni

Qualora l’argomento lo richieda, soprattutto se particolarmente complesso o specifico, è utile riassumere brevemente quanto detto, focalizzandoci sulla tesi che abbiamo appena sostenuto.
Può anche accadere che la dichiarazione del gain sia già di per sé una conclusione valida per l’intera trattazione dell’argomento; in tal caso passeremo direttamente alla fase successiva, la call to action.

Call to action

Letteralmente “chiamata all’azione”, la call to action è lo scopo concreto per il quale abbiamo scritto l’articolo.
Vogliamo che il lettore ci contatti per una consulenza?
Vogliamo che si iscriva alla nostra newsletter?
Vogliamo che scarichi un file lasciandoci i suoi dati?
Vogliamo che acquisti un prodotto sul nostro store online?
Bene: è il momento di dirgli chi siamo, perché può fidarsi di noi relativamente al problema che abbiamo trattato nel testo e di spingerlo verso questa azione attraverso un link specifico (a un form di iscrizione, a una landing page creata ad hoc, al carrello di uno store online, eccetera) o indicandogli i nostri riferimenti e invitandolo a contattarci.
L’importante, in questa ultima fase, è essere concisi e incisivi, arrivando il prima possibile alla call.

E ancora più importante è… ricordi?
“No target, no pain, no gain… no blog!”