Fa discutere la startup appena presentata al Web Marketing Festival, a partire dal nomen-omen, Eternity. In soli 4 mesi, il founder e CEO Andrea Pernarcic è riuscito a raccogliere finanziamenti pari a 600 mila euro da investitori privati e attraverso la formula work for equity, con i quali ha potuto dare vita a Dyamer, in prevendita sul proprio store online a partire dal prossimo autunno.

Si tratta di un dispositivo in grado di gestire la nostra “eredità digitale”, cioè si occuperà di comunicare a una rete selezionata di contatti vari tipi di contenuti “dopo di noi”. Un’app e un sensore in grado di archiviare tutta la nostra storia social e web – tutto il mare magnum di testi, immagini, video, like, sharing, commenti e altro che produrremo nell’arco della nostra vita per mezzo di social network – e di riorganizzarli in nuovi contenuti. Perché, come dichiarano a Eternity, “non finisce qui”.

Immortalità digitale

Proprio così. Secondo il suo ideatore è la garanzia della nostra presenza digitale nel futuro – almeno finché vivranno i profili sociali della rete alla quale destiniamo questa nostra “eredità”; previo consenso, naturalmente, come GDPR insegna.
L’idea è sorta in un momento di contingente e fulminea illuminazione, come si conviene a ogni geniale trovata, e ha ben presto conquistato una nutrita rete di collaboratori, partner e ispiratori grazie ai quali è diventata realtà. Un incidente automobilistico, la consapevolezza di poter essere arrivati al capolinea, l’impossibilità di comunicare le cose non dette alle persone più importanti.
E invece, per fortuna, si torna sani e salvi in carreggiata, con un’idea da sviluppare.
Un’idea tanto inquietante quanto intrigante: come marketing insegna, vince chi centra i bisogni dell’uomo e qui siamo alla radice primigenia di ogni bisogno. Quello di sconfiggere la morte.
Ci hanno provato la religione, la filosofia, l’arte e le lettere poi la scienza e, a suo modo, anche il sesso. Ma hanno sempre fatto cilecca. Che sia finalmente la volta buona?

Provare per “credere”

Appena disponibile online, si potrà testare con mano l’ebbrezza dell’immortalità. O almeno dei propri contenuti multimediali. Si tratta probabilmente del più alto tentativo, dall’invenzione del web a questa parte, di “umanizzare” questo carosello digitale in cui siamo tutti invischiati e dal quale è impossibile ormai tirarsi fuori (adesso nemmeno da morti, pace all’anima nostra); un primato di tutto rispetto.
Per essere sicuri che funzioni… beh, non ho questa fretta di testarne l’efficacia. Dovremo fidarci, al pari di ogni cosa che ci viene propinata per il “dopo di noi”, da qualche millennio a questa parte. Digitale, ma pur sempre un atto di fede.

Buona fortuna ai futuri digital Highlander (ma, soprattutto, a chi si vedrà recapitare messaggi dall’aldilà). E riposi in pace chi si cimenterà con Dyamer.
Anzi, pardon: twitti in pace.