Il Pacchetto Economia Circolare sta per diventare realtà: lo scorso marzo sono stati approvati in via preliminare i decreti legislativi che recepiranno le quattro Direttive europee. Trascorsi i canonici due anni dall’approvazione del Parlamento europeo, entro luglio 2020 le direttive comunitarie dovrebbero essere recepite nei vari ordinamenti nazionali: anche se in Italia ci attendiamo uno slittamento ad agosto, è indubbio che non oltre l’estate 2020 arriveranno grandi novità nella normativa ambientale.

Che cos’è il Pacchetto Economia Circolare

Si tratta, appunto, di un “pacchetto” costituito da quattro direttive, tutte datate 30 maggio 2018 ed entrate in vigore il 4 luglio successivo, che modificano sei precedenti direttive europee in tema di rifiuti, imballaggi, rifiuti elettrici ed elettronici, veicoli fuori uso e pile. I nuovi testi vanno a modificare anche la “Direttiva Quadro” 2008/98/CE: la “madre” di tutte le norme europee sui rifiuti e, non di meno, il banco di lavoro dei principi di economia circolare applicati alla gestione dei materiali.

I nuovi obiettivi di economia circolare

Alla vigilia del recepimento, sono confermati gli obiettivi europei in termini di riciclo dei rifiuti:

  • 65% da raggiungere entro il 2035 attraverso due momenti: il 55% entro il 2025 e il 60% entro il 2030;
  • soglia massima di rifiuti conferiti in discarica al 10% entro il 2035.

Per poterli raggiungere, è essenziale un’implementazione e una migliore gestione del parco impianti nazionale: senza strutture efficienti e adeguate al riciclo e al recupero dei materiali, infatti, parlare di economia circolare è pura utopia. A tal fine nasce il Programma Nazionale Rifiuti, ovvero una strategia per uniformare la diffusione degli impianti sull’intero territorio italiano rendendo le Regioni autosufficienti nel trattamento e nel recupero dei propri scarti.

Il futuro è sempre più circolare

Semplificando al massimo, due sono le grandi novità in arrivo con il recepimento del Pacchetto Economia Circolare, che influiranno inevitabilmente sul modo di concepire i beni e i rifiuti e, dunque, anche sulle nostre abitudini di consumo:

  1. I rifiuti urbani aumenteranno del 25-30%, per una produzione nazionale totale annua di circa 38 milioni di tonnellate: il nuovo decreto prevede, infatti, che tutti i rifiuti simili per qualità agli urbani siano classificati come tali, a differenza di quanto accadeva sino ad oggi, cioè quando soltanto i cosiddetti “rifiuti assimilabili” – una categoria ben definita dei “rifiuti speciali” cioè quelli risultanti da attività produttive, di servizi e commerciali – potevano confluire negli urbani. Considerando la riduzione dei rifiuti smaltibili in discarica a un massimo del 10%, questo significa che dovremo lavorare duramente per arrivare a riciclare e recuperare la quasi totalità dei nostri scarti.
  • Cresce la responsabilità dei produttori: da qui in avanti, chi produce e immette sul mercato un prodotto ne sarà responsabile non soltanto fino al momento della vendita ma anche nel post-consumo, ovvero quando il bene/prodotto diventa un rifiuto. Un cambiamento rivoluzionario, che spingerà i produttori a rivedere in modo sostanziale il design dei propri articoli, aumentandone il ciclo di vita e riducendone il più possibile l’impatto sull’ambiente. Si tratta della cosiddetta Responsabilità Estesa del Produttore (EPR), un provvedimento necessario a “chiudere il cerchio” dell’economia del futuro.

Le 3 tendenze del marketing circolare

Le conseguenze di questi cambiamenti sul marketing sono facilmente immaginabili. Dal mio punto di vista, sono riassumibili in queste tre tendenze:

  1. Innanzi tutto, i prodotti del futuro saranno composti da percentuali crescenti di materia riciclata e i marketer saranno chiamati a valorizzare i nuovi processi di riuso, riciclo ed “end-of-waste” che renderanno possibili questi risultati. Più rifiuti e meno materie prime alle origini dei nostri beni di consumo significa dare più spazio, nello storytelling di brand e di prodotto, alla narrazione delle vicende che rendono le aziende protagoniste di questa transizione circolare. In particolare, il rapporto tra le imprese e i rifiuti (propri o altrui) rappresenterà una componente fondamentale alla costruzione di una corretta immagine e reputazione: chi meglio dimostrerà di allontanarsi dal concetto stesso di rifiuto, riconoscendo ai materiali il “diritto a esistere”, conquisterà una migliore percezione nella mente del proprio target e, dunque, avrà più chance sul mercato.

  2. Più co-creazione nella proposta di valore di prodotti e servizi: i consumatori diventano, in qualsiasi tipologia di mercato, protagonisti della rivoluzione green insieme alle aziende. I prodotti sono gli “strumenti magici” che le imprese “aiutanti” forniscono ai prosumer o consum-attori nella lotta al consumo scriteriato delle risorse, all’inquinamento da plastica, al riscaldamento globale ecc., ovvero in tutte quelle “avventure” che permettono di soddisfare i propri bisogni tutelando l’ambiente. Il viaggio dell’eroe è lo schema che, adesso, dà forma alla maggior parte delle narrazioni di marketing: l’avventura è da condurre insieme, imprese e consumatori spalla a spalla, contro il nemico comune di uno sviluppo insostenibile ovvero di un’economia basata sul modello take-make-waste. La storia è comune e condivisa, il destino è fatalmente unico come lo stesso irripetibile e limitato pianeta su cui, tutti, poggiamo i piedi: la USP (unique selling proposition) si costruisce insieme, in un rapporto uno-a-uno sempre più onnicomprensivo e multicanale.
  • Anche in conseguenza a quest’ultimo aspetto, il dialogo si farà più circolare. Molto più circolare di quanto il web e i social network hanno permesso sino a oggi. Non bastasse l’evoluzione dei canali digitali, sempre più chirurgicamente calzanti a ogni singolo utente grazie all’intelligenza artificiale, la responsabilità estesa del produttore spingerà i prodotti a trasformarsi in servizi. Questo costringerà le imprese a personalizzare il dialogo con il consumatore, in una prospettiva a lungo anzi lunghissimo termine e, soprattutto, le indurrà a sviluppare capacità di ascolto nei confronti del mercato mai immaginate prima. Parafrasando Epitteto, il marketing dovrà ricordarsi di avere due orecchie e una bocca soltanto, per ascoltare il doppio e parlare la metà. E, soprattutto, parlare correttamente e in modo utile, offrendo prima di tutto autorevolezza e fiducia: un dialogo più stretto concederà – per fortuna – meno margine a fake news e a una vuota retorica; troppo alto il rischio di essere smascherati e di perdere credibilità e dunque clienti.

Il cambiamento è vicino, a breve avremo i tanto attesi decreti attuativi del Pacchetto Economia Circolare. Gli ecobrand manager sapranno che cosa e come fare: rendere desiderabile ciò che è necessario, questo è il compito del marketing sostenibile nell’immediato futuro.