Sempre più imprese includono gli alberi nei propri piani di marketing. Perché? Parlare di alberi fa bene al fatturato? Davvero dar di vanga e piantumare giovani piante garantisce nuovi e più fedeli clienti?
Beninteso, i manager non devono sporcarsi le scarpe di terra, lo possono fare per interposta persona grazie a vere e proprie aziende nate per questo: piantare alberi in nome di altre aziende.
La corsa dei brand agli alberi
Quando parliamo di alberi e marketing non possiamo non pensare a Treedom. La più nota piattaforma ideata e sviluppata appositamente per piantare alberi in tutto il mondo: un’iniziativa virtuosa per l’ambiente, con un’attenzione speciale allo sviluppo sociale dei paesi più svantaggiati.
Treedom è un potente strumento di Corporate Social Responsibility che le aziende hanno dimostrato di comprendere appieno. Solo per citare alcune delle partnership più di successo: FCA, Toyota, Intimissimi, Berlucchi, Timberland, H&M, Samsung… persino Peppa Pig ha piantato una foresta con Treedom!
Sulla scia di Treedom, sono nate altre iniziative che propongono a singoli consumatori e alle imprese di piantare o adottare alberi. Ad esempio, ce ne sono di focalizzate su territori specifici come questa; altre ancora, come questa, mettono l’accento sul pain delle emissioni di CO2 e del riscaldamento globale e quindi degli alberi come soluzione al problema. C’è poi chi approfitta del trend e, lavorando bene di SEO e in adv, spiega che piantare gli alberi non basta a salvare il pianeta, ed ecco che propone anche la propria soluzione, diversa ma non troppo.
Insomma, sembra proprio che sia esplosa la moda a chi ne pianta di più, approfittando per dare una passata di verde al proprio brand. Appunto, il rischio green washing è sempre dietro l’angolo ed è bene “piantare responsabilmente”. Dunque, fermo restando che un albero fa sempre bene al pianeta per i motivi che tutti conosciamo, perché questa pratica di green marketing ha avuto così successo?
Alberi e senso di sicurezza
Sono due i fattori che, a mio avviso, rendono efficace questa strategia, inducendo manager e marketer a trasformarsi in piantumatori seriali di alberi. Entrambe fanno ricorso a fenomeni che ricadono nell’ambito del neuromarketing e possono dar ragione della fortuna che le campagne di piantumazione, anche virtuale, hanno riscontrato nei più vari target.
Il primo riguarda uno dei bisogni primari dell’essere umano, uno di quelli che Maslow pone alla base della propria piramide: il bisogno di sicurezza. Da un lato l’ampliamento del raggio d’azione dell’empatia, come ho spiegato in questo articolo, dall’altro la percezione di un “branco” sempre più vasto e globale, inteso come insieme di individui “simili” ed elementi che definiscono lo spazio vitale del soggetto, hanno insegnato al nostro inconscio come la difesa dell’ambiente sia un prerequisito essenziale alla nostra stessa sopravvivenza. In buona sostanza, l’altruismo inteso come attitudine a fare del bene agli altri e all’ambiente non è che una reazione, squisitamente egoistica, in risposta al bisogno di sicurezza che ognuno di noi si porta dentro per il semplice fatto di essere vivo: se tutelo il mio “branco” ovvero il contesto nel quale riesco a vivere, tutelo anche me stesso.
Ecco che, allora, piantare alberi – che come sappiamo assorbono CO2, riducono il riscaldamento globale, depurano l’aria dalle polveri sottili eccetera eccetera – magari pure indirettamente mentre faccio acquisti che niente hanno di virtuoso per l’ambiente e la società, mi induce ad acquistare meglio e di più poiché alimenta il mio atavico e insaziabile bisogno di sicurezza.
Alberi e senso di colpa
Il secondo fattore l’ho appena introdotto di sbieco.
Metti che stia comprando un’automobile (che per l’ambiente è come dire Satana), un paio di mutande o di scarpe oppure uno schermo che ha più pollici del cinema dietro casa, insomma beni che, di per sé, in alcun modo avrebbero una conseguenza positiva sull’ambiente e, anzi, forse forse mi rendono meno sostenibile di quanto fossi prima dell’acquisto. Poi arriva uno dei brand che potrei scegliere, che mi dice: “Tranquillo, tu compri e io pianto un albero per te”. E magari quell’albero avrà pure il mio nome.
Beh, capirai come sia indotto a scegliere quel brand, soprattutto se sono perfettamente in target con il modello di “consumatore verde” sempre più comune e trasversale ai mercati più disparati, cioè quel tipo di prosumer particolarmente sensibile alle tematiche ambientali e sociali.
Io compro e l’azienda pianta un albero. Ecco che, in un attimo, il mio senso di colpa è lavato via da un contadino del Camerun che ha appena messo a dimora due ciuffi verdi che, così mi dicono, prima o poi produrranno cacao.
Alberi e marketing, un matrimonio che s’ha da fare
Ironia a parte, piantare alberi rappresenta un indubbio gesto positivo, in grado di trasferire valore a chiunque lo compia, che si tratti di un “semplice” individuo, un libero professionista, un’impresa oppure un’organizzazione senza fini di lucro.
In un’ottica win-win al cubo – vince il consumatore, vince l’azienda, vince l’ambiente – grazie anche ai meccanismi del nostro inconscio che abbiamo appena visto, il binomio alberi & marketing apporta grandi benefici al business. Seppure tenendo alta la guardia e valutando ogni possibile rischio correlato con estrema cura, poiché il confine tra green marketing e green washing è sempre labile, piantiamo alberi insieme a clienti, dipendenti e stakeholder!
Come ha affermato Philip Kotler durante la presentazione del suo ultimo libro, Brand Activism, al Web Marketing Forum 2020, il marketing deve aiutare le imprese a prendere consapevolezza del proprio ruolo sociale, convertendole in veri e propri “attivisti” che si spendono per cause ambientali e sociali condivise con i propri stakeholder. Nuovi purpose devono sommarsi agli obiettivi canonici quali l’aumento del fatturato e il soddisfacimento dei bisogni del mercato target: oggi, chi fa impresa non può prescindere da una missione sociale. L’impegno attivo per un mondo migliore, al di fuori di ogni retorica, deve concretizzarsi in azioni riscontrabili e misurabili: piantare alberi è, senza dubbio, un ottimo modo per iniziare il nuovo percorso di brand activist.
